Smaltimento: toner sono rifiuti assimilabili agli urbani?

Smaltimento: i toner sono rifiuti assimilabili agli urbani?

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La legge italiana prevede due tipi di gestione dei rifiuti: urbani e professionali. In alcuni casi, i rifiuti professionali (non pericolosi) possono essere considerati “rifiuti assimilabili agli urbani” e – come tali – seguire la gestione dei rifiuti urbani. Viene da chiedersi: i toner esausti sono rifiuti assimilabili agli urbani? In questo articolo trovi la risposta e alcuni preziosi consigli.

Criteri di classificazione dei rifiuti…ed eccezioni

Quando abbiamo parlato di smaltimento toner per aziende e professionisti, abbiamo suddiviso i rifiuti secondo una precisa classificazione dei rifiuti.

  • Il primo criterio è una classificazione dei rifiuti per origine, in “rifiuti urbani” (quelli generati dai cittadini) e “rifiuti professionali” o speciali (quelli prodotti dalle partite IVA come aziende, enti pubblici e professionisti).
  • Il secondo criterio è una classificazione dei rifiuti per natura, in “pericolosi” e “non pericolosi”.

La classificazione dei rifiuti per origine contempla una eccezione: i rifiuti speciali assimilabili agli urbani. Nei successivi paragrafi approfondiremo la questione e vedremo se i toner esausti possono essere considerati o meno rifiuti assimilabili agli urbani.

Significato di “rifiuti assimilabili agli urbani”

Una parte di rifiuti speciali non pericolosi (quelli generati da imprese, enti e professionisti) si può considerare “assimilabile agli urbani” perché ha per sua natura e composizione la possibilità di recupero o smaltimento da parte di impianti per il trattamento di rifiuti urbani.

Esiste un riferimento legislativo per capire quali rifiuti speciali sono assimilabili agli urbani?

Il decreto ministeriale previsto dall’art. 195, comma 2, lettera e) del Decreto Legislativo 152/06 ci dice che sono “rifiuti speciali assimilabili agli urbani” solo quei rifiuti individuati secondo i criteri del punto 1.1 della Deliberazione del Comitato interministeriale sui rifiuti del 27 luglio 1984.

In questi casi, i rifiuti assimilabili agli urbani devono avere composizione merceologica analoga a quella dei rifiuti urbani ed essere dunque costituiti da manufatti o materiali simili a quelli elencati, a titolo esemplificativo e in modo alquanto generico, al punto 1.1.1., lettera a) della suddetta Deliberazione.

Si noti bene, dunque, che i rifiuti speciali assimilabili agli urbani (e NON assimilati) sono rifiuti speciali per origine e, in assenza di assimilazione, restano rifiuti speciali.

Differenze tra rifiuti assimilabili e rifiuti assimilati agli urbani

Sembrerebbe una questione di semplice grammatica, ma la differenza è sostanziale sia a livello di legge che di obblighi aziendali. Occorre pertanto fare chiarezza in modo preciso.

Rifiuti assimilabili agli urbani: sono quei rifiuti speciali (prodotti da un’impresa o da un ente) che possono essere recuperati o smaltiti in impianti originariamente progettati per trattare rifiuti urbani.

Rifiuti assimilati agli urbani: sono quei rifiuti che il Comune ha deciso, sulla base di criteri qualitativi (secondo la Delibera Comitato interministeriale sui rifiuti del 27/7/1984) e quantitativi, di prendere in carico nel normale servizio di raccolta dei rifiuti urbani, trasformando quindi il rifiuto speciale in rifiuto urbano.

Quindi quale è la differenza sostanziale?

  • I rifiuti speciali assimilabili agli urbani potrebbero essere considerati – previa verifica e autorizzazione – come rifiuti urbani. In altre parole, non sono ancora rifiuti urbani e potrebbero non diventarli.
  • I rifiuti speciali assimilati agli urbani hanno superato tale verifica. Sono cioè speciali per origine e urbani per assimilazione e divengono a tutti gli effetti rifiuti urbani.

L’ASSIMILAZIONE DEI RIFIUTI PROFESSIONALI AI RIFIUTI URBANI.

Quando i rifiuti speciali (o professionali) sono “assimilati agli urbani”, le imprese possono gestirli come se fossero cittadini, senza responsabilità di formulari, adempimenti documentali e tracciabilità (F.I.R., registro di carico e scarico, etc). In questo caso dunque conferiscono i rifiuti agli ordinari servizi di raccolta e pagano al comune la “TARI”, al pari dei cittadini.

Come smaltire toner esausti

Per quanto detto sino ad ora, si noti che non è la natura del rifiuto a determinare la categoria del rifiuto in urbano o speciale. È invece il soggetto (personale o giuridico) che lo ha prodotto. Facciamo un esempio per chiarire il concetto: dovete smaltire un certo modello di toner laser. Come procedete?

  1. Individuate anzitutto il soggetto che ha prodotto il rifiuto da smaltire. Se è un cittadino, verrà classificato come rifiuto urbano non pericoloso. Se è una partita IVA, verrà classificato come rifiuto speciale non pericoloso.
  2. A questo punto, la gestione del rifiuto seguirà dinamiche completamente diverse in base a chi ha prodotto il rifiuto.

Nel caso di rifiuti urbani, il conferimento avviene nelle classiche isole ecologiche e la gestione e lo smaltimento toner sono responsabilità dei Comuni, i quali riscuotono la cosiddetta tassa “TARI” per tale servizio. Nel caso di rifiuti speciali, l’azienda deve provvedere per sé a gestione e smaltimento, conferendo tali rifiuti in eco-box che vengono affidati poi ad operatori autorizzati a cui riconoscerà il pagamento del servizio di smaltimento toner.

Dopo che i cittadini hanno consegnato i toner esausti ai sistemi di raccolta, non devono seguire le sorti dei propri rifiuti né sono responsabili per essi.

Al contrario, le aziende rimangono responsabili in solido di tutta la filiera della loro gestione e tracciabilità, a partire dalla compilazione del cosiddetto Formulario Identificativo del Rifiuto (F.I.R.), secondo quanto previsto dall’Art. 193 del Dlg. 192/2006 e da numerose altre incombenze burocratico-amministrative per smaltire cartucce e toner.

LEGGI ANCHE: Come funziona lo smaltimento toner per aziende e professionisti

Smaltimento toner: normativa per le partite IVA

Lo Stato italiano ha selezionato un elenco di rifiuti speciali “assimilabili agli urbani”, che è stato reso pubblico appunto con la delibera del Comitato Interministeriale sui Rifiuti, in data 27 Luglio 1984.

Sulla base di questo elenco e delle esigenze del proprio territorio, ogni Comune ha poi facoltà di scegliere, per qualità e quantità, quei rifiuti che vengono effettivamente “assimilati”.

I Toner, le cartucce, i consumabili di stampa (che tra l’altro possono avere una variante pericolosa) NON FANNO PARTE dell’elenco degli “assimilabili” definito dallo Stato e quindi non possono essere “assimilati” dai Comuni ai rifiuti Urbani.

Questa disposizione si ritrova nella circolare del Ministero delle Finanze n. 119 in data 7 Maggio 1998 che sancisce l’abrogazione dell’art.39 della legge n.146/1994.

I toner esausti prodotti dalle partita IVA vanno quindi gestiti come rifiuti speciali e devono essere prelevati e trasportati in presenza di Formulario F.I.R.

Due consigli per il corretto smaltimento toner

Ancora oggi qualche Comune – probabilmente non perfettamente al corrente della normativa – ha deliberato l’assimilazione di Toner e Cartucce ai rifiuti Urbani. Cosa deve fare una azienda che opera nei suddetti Comuni?

Ecco due consigli utili:

  1. Se la vostra azienda decide di affidare lo smaltimento toner alla raccolta urbana, sarebbe opportuno che vi facciate rilasciare dal Comune una lettera formale di manleva che esplicitamente vi autorizzi ad affidare i loro consumabili esausti al trasportatore senza compilare il formulario F.I.R.
  2. Se la vostra azienda decide di affidarsi correttamente ad un servizio di smaltimento toner e cartucce esauste di operatori autorizzati, richiedete poi il cosiddetto “sgravio TARI”, secondo quanto previsto dal Dlg. 147 del 27/12/2013, Art.1 / 649.

Nel primo caso, sarete tutelati per eventuali controlli che, come noto, non contemplano l’ignoranza della legge. Nel secondo caso, potreste ottenere un beneficio fiscale aggiuntivo dal vostro comune.

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